Dieci autori, nove racconti, un viaggio LGBT attorno al mondo, tra coming out, violenza, prostituzione e diritti negati. Fino a tornare alle radici, in Italia, dove tutto comincia e finisce.
Contiene i racconti:
LA VERITÀ - Angelo Longoni
VIAGGIO IN MEDIO ORIENTE - Bruno Casini
A EST DEL BLU - Christiano Cerasola
MEMORIE IMPERFETTE DA SAN PEDRO SULA - Damiano Dario Ghiglino
IL RAGAZZO DI MONACO - Rosa Elena Colombo
LA BAMBOLA DI BANGKOK - Carlo Kik Ditto e Andrea Ventura
FRATELLANZA BALCANICA - Roberto Mauri
NOTTE ALHAMBRA - Andrea Mauri
COME LA NOTTE SENZA STELLE - Sara Coccimiglio
A chi sarà devoluto il ricavato?
I proventi di questa antologia, come i racconti contenuti all’interno, faranno il giro del mondo, cercando di raggiungere chi ha più bisogno, per esempio:
BALI RAINBOW COMMUNITY, un'associazione LGBT friendly con sede a Bali che si occupa di dare sostegno, soprattutto economico, alle persone che vivono con HIV / AIDS e non si possono permettere alcuni tipi di esami o ricoveri ospedalieri che in Indonesia, purtroppo, sono a pagamento.
RETE L’ABUSO, associazione italiana, dal 2010 sostiene le vittime di pedofilia, supportandole dal punto di vista legale e sociale.
Una piccola donazione simbolica a JOSHUA WONG, attivista per i diritti umani, attualmente prigioniero politico a Hong Kong per conto della dittatura cinese.
SUDENTS FOR A FREE TIBET (STF), un'organizzazione con sede a New York formata da tibetani rifugiati e con l'obiettivo di aiutare il Tibet a ottenere l'indipendenza. In Cina twitter è bannato a causa del Great Firewall, bannato per tutti… a parte chi sta al potere. Infatti Xi JinPing, il dittatore, e i suoi ministri ne abusano quotidianamente per diffondere propaganda comunista e fake news confezionate per l'Occidente. STF ha fatto in modo che i sostenitori per l'indipendenza del Tibet, attraverso l’iniziativa TWEETS FOR TIBET, possano donare una cifra a scelta per ogni tweet del ministro degli esteri cinese, forzandolo così ad appoggiare, almeno economicamente, l'indipendenza del Tibet con i suoi tweet.
L'antologia è già disponibile, sia in formato cartaceo che digitale, su Amazon.it .
Viaggiare può avere diversi significati, cosicché anche il viaggio visto da una prospettiva LGBT può contenere innumerevoli sfumature. Dal dandy al backpacker, dalla diva all’escursionista solitario, qui troverai i 10 profili Instagram che dovresti seguire!
Giornalista freelance, @thegaytraveler risiede nella capitale degli Stati Uniti, Washington D.C , e ama mettersi in viaggio per le mete più disparate dispensando consigli ai suoi numerosi followers. Raccomandato in particolare a chi ama il buon cibo e la bella vita… con un pizzico di trasgressione!
Zaino in spalla e budget ristretto, @thegayhomeless è continuamente in viaggio cercando di vivere a stretto contatto con la gente del luogo. Dai canali di Amsterdam agli slum delle Filippine, passando per le strade in tumulto di Hong Kong, chi ama l’avventura non se lo può perdere.
Eccentrico e spensierato, @raviroundtheworld viaggia sfoggiando bandiere e abiti arcobaleno. Tra una meta e l’altra, non manca mai di visitare i locali LGBT e recensirli. Chi è immerso nella scena gay non può certo lasciarselo scappare!
Amante del lusso sfrenato, @goodlifewelltraveled non bada a spese quando si tratta della scelta dell’Hotel, sempre rigorosamente a cinque stelle, tanto che il suo motto è… “riempi la tua vita con champagne”!
Si definisce queer e “gender non conforming”. Questa ragazza originaria di Hershey, Pennsylvania ha di sicuro grinta da vendere. Dispensa consigli ai membri della comunità LGBT su come viaggiare in sicurezza e ama raccontare senza mezzi termini, sia su Instagram che sul suo blog, le sfide che si trova ad affrontare quotidianamente durante i suoi numerosi vagabondaggi. Buon viaggio, Linsday!
Le foto di questa coppia irlandese sono davvero spettacolari come il nome suggerisce: natura incontaminata, vicoli angusti, luoghi storici e un viaggio in auto di cinquantamila chilometri dal Canada all’Argentina. Gli ingredienti per ottenere scatti unici e mozzafiato ci sono tutti!
Non serve per forza mettere sempre mano al passaporto per essere dei travel blogger: @thehomelessitalian infatti è specializzato in viaggi europei (ma non solo).
Troverete spiagge bianche dalle acque cristalline, ghiacciai, monumenti mozzafiato, isole incontaminate, montagne suggestive, resort thailandesi da favola, palmeti, sorgenti termali e i tramonti più incantevoli che l’immaginazione possa concepire. In particolare, una Barcellona tutta da scoprire (o riscoprire).
Per viaggiare serve un discreto quoziente intellettivo, come suggerisce il nome di questo giovane e sexy influencer cubano. O forse è il viaggio che apre le menti a prescindere?
O magari entrambe le cose.
Da Fire Island Pines a Guadalajara, Da Puerto Rico a Sarasota, quel che è certo è che Ivan Quintanilla non si ferma mai!
Transessuale MtF e ribelle, questa potenza della natura direttamente dalle Filippine, pur non possedendo uno dei passaporti più potenti al mondo, è indomabile e sempre in viaggio. Ha anche un canale youtube dove pubblica travel videos.
@mynormalgaylife si definisce un ragazzo all’inseguimento dell’arcobaleno in giro per il mondo. Felicemente impegnato, la "normalità" di questa coppia (tutt'altro che ordinaria) consiste proprio nell’avventura quotidiana. Tra “classiche” mete LGBT, come Puerto Vallarta e Barcellona, troverete sorprese inaspettate e piacevoli!
Viviamo attualmente un periodo di espansione. Sia culturale che tecnologica. Anni fa era molto difficile affrontare determinati temi senza temere il giudizio altrui. Oggi parlare senza tabù e frontiere è più facile, grazie a internet che rende tutto possibile. Le informazioni sono più facili da reperire.
Ora ci troviamo di fronte ad un argomento molto importante: il preservativo. Purtroppo molte coppie non fanno caso all’uso corretto di questo accessorio che può salvare vite, sia nell'ambito omosessuale che eterosessuale.
Ma intanto capiamo un po' di più:
Cos’è?
È il simbolo del sesso sicuro. Sono accessori in lattice o poliuretano raccomandati dai medici per prevenire malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate.
Nonostante le varie campagne di sensibilizzazione e pur essendo distribuiti, a volte, gratuitamente, ci sono ancora molte domande sul loro uso e su quali siano i benefici.
Come mettere correttamente il preservativo.
Affinché un preservativo adempia al suo ruolo "protettivo", occorre tenere presenti alcuni aspetti cruciali:
• Conservare in un luogo facilmente accessibile;
• Il pacchetto deve essere aperto solo al momento dell'uso;
• Il pene deve essere eretto, privo di lubrificanti, creme o unguenti;
Alla luce di queste raccomandazioni, ecco come fare per infilarlo:
• Tenere il preservativo dall’estremità, lasciando un po' di spazio libero sulla punta per contenere lo sperma, riducendo così la possibilità di rottura;
• Successivamente, il preservativo deve essere srotolato dall'estremità alla base del pene.
• Dopo l'atto sessuale, mentre il pene è ancora in erezione, il preservativo deve essere rimosso con cura per evitare fuoriuscite di sperma.
• Tieni il preservativo all'estremità con le dita, mentre con l'altra mano rimuovi la protezione dalla base verso il fuori.
Come scegliere la dimensione giusta
La misura convenzionale utilizzata per determinare la dimensione del preservativo è il diametro, il cui valore più comunemente trovato sul mercato è di 52 mm. Tuttavia, è possibile acquistare preservativi da 55 mm (extra) e 49 mm ("adolescenti"), che devono essere scelti in base alle dimensioni del pene.
Per quanto riguarda la lunghezza, i preservativi vanno dai 16 ai 19 centimetri. Fai attenzione perché i preservativi più grandi o più piccoli delle dimensioni del pene possono compromettere la protezione.
Lo spessore dei preservativi può anche variare, essendo i modelli più sottili - "sensibili" - adatti a persone che perdono sensibilità con il preservativo normale e finiscono per avere meno piacere nel sesso.
• È la migliore protezione contro l'HIV / AIDS e altre malattie a trasmissione sessuale
• È economico
• È facile da usare,
• Non ha ormoni
• Non influenza altri farmaci
• Può essere facilmente trasportato e utilizzato in qualsiasi momento.
Svantaggi dell'uso del preservativo
• Può causare irritazione o reazioni allergiche in caso di allergia al lattice.
• Può rompersi durante il rapporto se non indossato correttamente.
Errori più comuni:
Usare più di un preservativo allo stesso tempo: questa pratica non è consigliata in quanto lo sfregamento dei due preservativi in lattice possono causare la sua rottura.
Utilizzare solo per il sesso anale: la trasmissione delle malattie sessualmente trasmissibili può avvenire anche attraverso il sesso orale.
Poca lubrificazione: La mancanza di lubrificazione durante il sesso può rompere il preservativo. Pertanto, la penetrazione dovrebbe avvenire solo quando la zona è adeguatamente lubrificata. Esistono sul commercio dei lubrificanti anali adatti per i preservativi.
Usare lo stesso preservativo in due atti sessuali: Uno dei fattori che rompe il preservativo è l'uso prolungato, poiché aumenta l’attrito. L’ideale sarebbe avere più di un preservativo disponibile in modo che possa essere cambiato ad ogni atto sessuale consecutivo.
"Vorrei si sapesse di me che, come il colibrì nella foresta con la goccia d’acqua nel becco mentre il leone lo deride, provo strenuamente soltanto a fare la mia parte"
Così si presenta Mario Artiaco a chi ancora non lo conosce. Disilluso ma determinato più che mai, lo scrittore che ha lasciato il segno con il suo romanzo d'esordio a tematica LGBT "Io, Lauro e le rose" ci anticipa che uscirà presto con una nuova pubblicazione.
In attesa del prossimo libro, ha risposto per noi ad alcune delle domande.
“Nel silenzio si diventa complici” e “non bisogna essere omosessuali per difenderne i diritti”. Sono frasi che hai ripetuto più volte. Cosa significano per te?
La prima citazione è di Sartre e aggiungerei col tempo, reiterando l’indifferenza, si diventi anche carnefici. La seconda è frutto di ciò che troppo spesso mi hanno restituito i lettori in giro per l’Italia. Quasi a ogni presentazione mi è stato chiesto per quale motivo un eterosessuale scriva di omosessualità. La questione è grave e annosa, lo stereotipo e il pregiudizio sono molto più radicati di quanto solo in superficie si possa immaginare. È necessario precisare che, in un paese profondamente incivile come il nostro, dove i diritti sembra siano privilegio di pochi, c’è bisogno ancora dell’utilizzo delle etichette. Sogno un giorno non ci sia più necessità di usare termini per identificarsi, non solo per catalogare l’orientamento sessuale di ogni individuo, ma in assoluto, per qualunque caratteristica ci distingua gli uni dagli altri.
Nella diversità alberga la grande Bellezza, conoscere è sinonimo, molto spesso, di riconoscersi e scoprirsi molto più simili di quanto la coltre di insensibilità e l’ignoranza ci tengano a distanza.
Sono un essere umano che ha raccontato, tra le pagine del suo romanzo, di altri essere umani. Siano essi eterosessuali, omosessuali, uomini e donne di cuore, esseri spregevoli, madri anaffettive o personaggi pregni di pregiudizi.
I diritti sono di tutti, nessuno escluso, e non c’è bisogno di avere un parente o un amico omosessuale per sostenerne l’uguaglianza.
Non c’è altresì bisogno di avere in casa propria un affetto ridotto all’infermità fisica ma nel pieno delle facoltà mentali, come dj Fabo o Piergiorgio Welby, affinché il paese si movimenti a mendicare al nostro Stato, falsamente laico e bigotto, che la Camera raggiunga il quorum per votare, almeno, la legge al diritto sul fine vita. Potrei continuare con altri dolorosi casi di comune quotidiana disuguaglianza ma preferisco chiudere con una riflessione che dovrebbe far sorridere e riflettere:
“Nel WWF non c’è un solo panda che vi sia iscritto.”
Non solo di omosessualità racconta il tuo romanzo, ma anche di pedofilia e riscatto da parte della vittima. Uno dei personaggi principali è don Peppino, un pedofilo che abusava i ragazzini col pretesto di aiutarli economicamente. Riesce ad instaurare con Raffaele, il protagonista, una convivenza e una relazione per diversi anni. Come è possibile?
Don Peppino è un pedofilo. Il rapporto che si instaura tra i due è complesso: Raffaele ha un cuore enorme, perdona tutto e tutti, arriva al punto di asserire “chissà cosa devono aver fatto lui” riferendosi al suo aguzzino. Non ha mai una parola di condanna, non emette mai un giudizio. Ha la forza dei giusti, gli ultimi, gli umili, gli umiliati, i dimenticati. Raffaele è un grande uomo che prova a sostenere sulle sue spalle il peso del mondo fino a scoprirsi impotente e malato.
Il suo atto di catarsi è figlio del dolore e dettato dal tempo che stringe ma in genere, l’ultima cosa che un abusato vuole accada, è che sia resa pubblica la sua storia. Così gli anni trascorrono in quella casa, tra il silenzio e l’indifferenza di un popolo che, ancora oggi, non senza dubbi o con certezze ormai consolidate, inneggia al suo santo benefattore.
Raffaele si immola per la causa, è rimasto l’uomo di famiglia di riferimento, e in nome di ciò sopporta quello che nessun essere umano dovrebbe. Mortificato, offeso, deprivato di ogni forma di diritto, sin da quando è ragazzino, riesce a condurre una vita maledetta fino all’avvenimento che finirà per sconvolgere la sua vita e quella di chi lo circonda, don Peppino incluso.
Di qui il riscatto suo e anche di un paese, Meta di Sorrento, attraverso suoi personaggi chiave che rendono una possibilità a chi non l’aveva mai avuta.
Il romanzo ha avuto una risonanza incredibile. È stato presentato quasi cento volte, in decine di città, tra cui al Salone Internazionale della Fiera del Libro di Torino e alla libreria Notebook di cui Roma, in cui è intervenuta la senatrice Monica Cirinnà.
Considerando che si tratta di un romanzo autopubblicato, pensi sia un incoraggiamento a proseguire su questa strada?
Ero a casa a lavorare sul file del romanzo, che non è mai pronto, definitivo, e arriva una telefonata che credevo fosse il sogno di una vita o che almeno avevo coltivato come tale.. ah, le aspettative. Il mio interlocutore colmo di supponenza mi dice abbiano valutato il mio testo sia meritevole di una pubblicazione con la loro casa editrice. Tremavo, non mi sembrava vero, ma in pochi attimi iniziai a pregustare una delusione che brucia ancora, non per i risultati ottenuti dal mio percorso di auto pubblicazione, i numeri non mentono e nemmeno gli appuntamenti e chi mi ha accompagnato durante il mio tour ancora aperto, bensì perché da ragazzino uno dei criteri di scelta per l’acquisto di un libro era preferirlo proprio di questa famosissima etichetta.
La loro proposta era irragionevole, avrebbero desiderato inserissi in particolare un paio di capitoli che commercialmente avrebbero spinto moltissimo sulle vendite in quanto di grande attualità ma saremmo finiti a raccontare non una pura e mera storia di fantasia ma quasi.
Il mio romanzo nasce da una promessa e, benché esser pubblicati da un editore istituzionale imponga dei compromessi, non mi sono sentito di stravolgere il racconto di questa vita per una eventuale fama o per qualche copia venduta in più. Non ho scritto per costruire un personaggio attorno a me o per denaro, ho scritto per Amore e con la forza del dolore.
Così oggi mi definisco felicemente auto pubblicato. È un percorso lungo, duro, ricco di insidie. Farsi conoscere necessita di tempo, pazienza e prendi mille porte in faccia ma una sconfitta vale cento vittorie e un no, dieci no, cento no, possono farti crescere e allenano alla perseveranza, mai darsi per vinti, mai mollare.
L’editoria istituzionale vive un momento pessimo, basti guardare la maggior parte dei titoli di presunto successo e le tematiche che trattano. È un business, non più cultura o impegno sociale. E questo frangente, gli stessi addetti ai lavori, lo vivono con confusione e navigando a vista.
L’auto pubblicazione è una canale non ancora diffuso in termini percentuali nel nostro paese, dove si legge poco e male, ma comunque significativo e in continua espansione. Va fatta comunque una cernita accurata dei testi, tutti possono con pochi passaggi immettere in rete qualunque contenuto salvo poi fare i conti con la propria reputazione e il valore e la forma di cosa condividono.
Consiglio questa strada, ma qualsiasi altro itinerario di vita, soltanto a chi non ha paura, a chi è umile, a chi ha scelto di investire tutto sull’Amore, “only the brave”.
È un assolato pomeriggio d’estate del 2012 quando Adam Smith decide di salire in macchina dirigendosi al drive-in del fast food Chick-fil-A di Tucson, Arizona. Il clima arido e le temperature altissime non lasciano scampo. Rallenta, abbassa il finestrino e ordina un bicchiere d’acqua.
Tuttavia non si trova lì per bere.
Ad un tratto comincia a confrontarsi con la dipendente che lo sta servendo a proposito di diritti LGBT, pensando di fare qualcosa di positivo e costruttivo. Riprende la conversazione con una telecamera e pubblica tutto sui social network.
Da quel giorno la sua vita cambierà radicalmente.
Chick-fil-A non è un fast food qualsiasi. Il suo presidente, Dan Cathy, si è sempre dichiarato contro il matrimonio gay.
Dal 2009 la multinazionale ha cominciato a finanziare gruppi cristiani anti gay, alcuni dei quali praticavano terapie di conversione rivolte a giovani omosessuali, garantendo una “cura” attraverso la preghiera e altri metodi meno ortodossi. Marriage & Family Foundation, Fellowship Of Christian Athletes, National Christian Foundation, New Mexico Christian Foundation, Exodus International, Family Research Council e Georgia Family Council sono solo alcuni dei gruppi d’odio ad aver ricevuto consistenti somme di denaro tra il 2009 e il 2012.
“Non penso sia giusto che le multinazionali finanzino gruppi del genere, non fanno altro che seminare odio.” ribadisce Adam, visibilmente impacciato, alla dipendente di Chick-Fil-A.
Adam è eterosessuale. È sposato e ha quattro figli. È la sua prima protesta e parla di getto. Suona ripetitivo, forse un po’ ingenuo. Tuttavia il messaggio che vuole lasciare ha un senso logico: perché sostenere chi calpesta le minoranze? Che male c'è se un ragazzo ama un altro ragazzo?
“Non so veramente come tu possa sentirti bene con te stessa a lavorare qui.” afferma Adam rivolgendosi alla stessa dipendente “penso che meriti di meglio, Rachel, ne sono certo.”
Con queste parole prende il suo bicchiere d’acqua, riaccende il motore e si allontana. Il video, di circa 2 minuti, verrà postato sui social diventando estremamente virale.
Verrà riproposto in seguito dai mass media.
Il breve dissenso diventerà “una provocazione”, le domande educate si tramuteranno in “violenza”, “prevaricazione” e “arroganza”. Rachel Elizabeth, l’impiegata che non ne aveva voluto sapere di prendere parte alla conversazione, verrà rappresentata come una vittima.
Adam perderà il lavoro come direttore finanziario di una casa farmaceutica e, a causa di quell’unico video, non verrà mai più assunto da nessuna compagnia. In pochi anni lui e la sua famiglia si ridurranno in povertà, fino a dover chiedere buoni pasto allo Stato per tirare avanti e rimanere a galla.
A quel punto riprenderà in mano la sua vita trasformando le avversità in un dono, un’opportunità incredibile di rinascita.
Ma come è potuto succedere tutto questo?
Prima di tutto abbiamo una multinazionale che vede crescere le proteste e diminuire gli incassi a causa della poca tolleranza verso le minoranze. Per un’azienda così potente, Adam Smith è stato il capro espiatorio che ha permesso di capovolgere la situazione a proprio vantaggio.
Poi abbiamo una ghigliottina mediatica contro un personaggio tutt’altro che pubblico. Un uomo che era sempre rimasto nell’anonimato. Un uomo che aveva vissuto un’infanzia povera e di abusi, procacciandosi il cibo rovistando nei cassetti dell’immondizia. Un uomo che aveva saputo rialzarsi e che si era “fatto da sé”, inseguendo l’ideale del sogno americano.
Adam Smith è stato stato riconosciuto come autore del video attraverso un software di riconoscimento facciale applicato ad un frame nel quale appare il suo viso.
Ma le stranezze non finiscono qui.
Pochi giorni dopo sono cominciate le intimidazioni e lo stalking massivo, prima sul posto di lavoro (che ha perso in poche settimane) e poi a casa. Oltre che su internet, sia chiaro.
Quando sono arrivate le prime minacce rivolte a suoi quattro bambini, età dai 4 ai 10 anni, si è sentito talmente inutile e impotente da avere per un attimo pensato al suicidio. Forse la sua famiglia sarebbe stata meglio senza di lui, senza quel marchio d’infamia che lo circondava, nemmeno fosse stato Caino.
Come? Una piccola protesta che si trasforma in un marchio d'infamia? Non suona alquanto improbabile e distopico? Leggete Orwell e capirete.
Per un periodo si trasferisce in Costa Rica dove comincia a lavorare in un centro di cura immerso nella foresta.
Lontano dagli Stati Uniti, ritrova se stesso.
Ha già raggiunto la felicità e il distacco interiore quando uno dei suoi figli lo approccia timidamente e, come una liberazione, getta fuori la verità che si teneva dentro da anni: "Papà, sono gay."
Adam sorride. Tutto torna. Non c'è niente che non sia al proprio posto.
"Sei in una famiglia che non cercherà mai di cambiarti," risponde "in una famiglia che ti accetterà per quello che sei."
Ora Adam Smith è un altro uomo, con un'altra vita.
Adam Smith è l’uomo che a causa della ghigliottina mediatica ha perso il capitale della propria azienda e un salario annuo a sei zeri, per un ammontare di oltre un milione di dollari. Tutto per un bicchiere d'acqua.
Adam Smith è anche l’uomo che attraverso la pubblica umiliazione ha ritrovato se stesso e che sarebbe disposto a pagare un milione di dollari per quel bicchiere d’acqua ancora e ancora, all’infinito.
Sono riuscito a contattarlo attraverso il suo sito adammarksmith.com per fargli qualche breve domanda:
Per prima cosa, dove vivi e di cosa ti occupi al momento?
ADAM: Attualmente vivo in uno scuolabus che ho reso abitabile. Io e la mia famiglia stiamo percorrendo gli Stati Uniti raccontando la nostra storia e alla ricerca di un nuovo posto fisso dove stare. Come lavoro faccio il life-coach e mi rivolgo a persone che cerchino aiuto dal punto di vista spirituale e non solo.
Sei eterosessuale. Perché decidesti di protestare proprio per i diritti LGBT?
ADAM: Credo nell'uguaglianza di tutti gli esseri umani. L'idea dell'individualità, ossia che siamo separati dagli altri, è un'illusione. Le etichette permettono alle persone di creare disuguaglianze che non sono né importanti né tantomeno reali. Noi siamo Uno.
Ai tempi la tua protesta non fu utile alla comunità LGBT, poiché venne manipolata dai media. Una protesta pacifica e, ammettiamolo, un po' ingenua, si è trasformata in un caso di "molestie", anche se il video dimostra tutto il contrario. Cosa pensi, appunto, del potere di manipolazione del web e dei media?
ADAM: Internet può essere una fonte d'informazione piuttosto inaffidabile. Bisogna tenere in conto inoltre che spesso il pregiudizio può alterare la realtà.
Chick-fil-A è una potente multinazionale. Al giorno d'oggi sta ancora supportando i gruppi anti gay e le terapie riparative oppure qualcosa è cambiato?
ADAM: Ho letto di rencente che hanno finalmente smesso finanziare questi gruppi.
Hai mai ricevuto appoggio dalla comunità LGBT?
ADAM: Ho ricevuto mail di solidarietà da singoli individui, ma mai da organizzazioni. Senza dubbio il carattere ingenuo con cui ho condotto la protesta e l'attenzione morbosa dei media hanno frenato le reazioni in questo senso.
Come ha gestito tuo figlio il coming out?
ADAM: Era terrorizzato. Aveva visto quello che io avevo pagato per supportare i diritti LGBT. Sono certo stesse pensando che, in qualche modo, ci sarebbe stato un prezzo da scontare per la sua omosessualità.
Personalmente, sono fiero di avere un figlio che sia libero di essere ciò che vuole.
"Non tirare lo sciacquone" lo pregai, "voglio vedere." Ciò che vidi scatenò in me una fitta compassione per lui, per il suo corpo, per la sua vita, che all'improvviso mi sembrava così fragile e vulnerabile. "Adesso i nostri corpi non hanno più segreti" dissi sedendomi a mia volta sulla tazza. Oliver era saltato nella vasca da bagno e stava per aprire la doccia. "Voglio che tu veda cosa faccio io" gli dissi. Lui fece ben di più. Uscì dalla vasca, mi baciò sulla bocca e, premendomi e massaggiandomi la pancia con il palmo della mano, assisté all'evento.
La relazione tormentata e mai portata fino in fondo tra due giovanissimi nel corso di un'estate. Un romanzo colmo di desiderio e angoscia. Elio, diciassette anni, musicista e accanito amante della letteratura e della filosofia, e Oliver, un giovane professore universitario ventitreenne dai modi disinvolti: si incontreranno in una sperduta casa di campagna nel Ponente ligure e, tra scambi culturali, confessioni audaci e passioni forti, si trovaranno e si perderanno.
Gran parte del libro racconta in prima persona le fantasie sessuali dell'adolescente Elio. Come in un libro erotico che non arriva mai al dunque, veniamo a contatto con abbigliamento intimo annusato di nascosto, sguardi rubati, timidi approcci nel tentativo di tastare il terreno, sogni ad occhi aperti e, sopratutto, masturbazione.
Le numerose citazioni letterarie, che pure contraddistinguono "Chiamami col tuo nome", non vengono quasi mai approfondite, rimangono perlopiù in superficie impendendo al lettore di immedesimarsi.
Le parti crude e "trash", come gli scambi di saliva, lo sperma secco sulla pelle, "svolazzina", la defecazione, il dito medio nell'ano, il vomito, costituiscono le parti più interessanti del narrato e vengono inserite nel contesto con l'evidente intento di elevare pulsioni e perversioni (in senso freudiano) a qualcosa di più nobile e "spirituale". Purtroppo non sempre il processo di sublimazione riesce alla perfezione.
Il romanzo risulta un flusso di coscienza interminabile in cui, a volte, si ha la sensazione che manchi qualcosa. Qualcosa che renda i protagonisti reali, credibili, e non semplici frammenti della personalità di Aciman.
Elio e Oliver sono due lati della stessa medaglia. Due personaggi che hanno poco e niente a che vedere con la giovinezza. Ogni attimo traspaiono, lampanti, il carattere e l'indole di uno scrittore anziano a manovrare le fila.
Anche se la scrittura è abbastanza scorrevole, la trama è noiosa e poco originale.
Un discorso a parte andrebbe fatto per il finale ("I luoghi dello spirito"). In questo ultimo capitolo Elio e Oliver si incontrano dopo vent'anni. Entrambi ricordano tutto, ogni minimo particolare di una storia vissuta intensamente, ma mai fino in fondo. Lancinante e nostalgico, Aciman racchiude in poche pagine la tensione emotiva che era venuta a mancare in precedenza.
Nondimeno, per arrivare fin qui, si devono scorrere pagine e pagine di atti mancati, di nulla assoluto.
Guardami negli occhi, trattieni il mio sguardo, e chiamami col tuo nome.
Cosa significa?
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