Intervista con Adam Smith, l’uomo che ha perso tutto aver sostenuto apertamente i diritti LGBT
Adam Smith
È un assolato pomeriggio d’estate del 2012 quando Adam Smith decide di salire in macchina dirigendosi al drive-in del fast food Chick-fil-A di Tucson, Arizona. Il clima arido e le temperature altissime non lasciano scampo. Rallenta, abbassa il finestrino e ordina un bicchiere d’acqua.
Tuttavia non si trova lì per bere.
Ad un tratto comincia a confrontarsi con la dipendente che lo sta servendo a proposito di diritti LGBT, pensando di fare qualcosa di positivo e costruttivo. Riprende la conversazione con una telecamera e pubblica tutto sui social network.
Da quel giorno la sua vita cambierà radicalmente.
Chick-fil-A non è un fast food qualsiasi. Il suo presidente, Dan Cathy, si è sempre dichiarato contro il matrimonio gay.
Dal 2009 la multinazionale ha cominciato a finanziare gruppi cristiani anti gay, alcuni dei quali praticavano terapie di conversione rivolte a giovani omosessuali, garantendo una “cura” attraverso la preghiera e altri metodi meno ortodossi.
Marriage & Family Foundation, Fellowship Of Christian Athletes, National Christian Foundation, New Mexico Christian Foundation, Exodus International, Family Research Council e Georgia Family Council sono solo alcuni dei gruppi d’odio ad aver ricevuto consistenti somme di denaro tra il 2009 e il 2012.
“Non penso sia giusto che le multinazionali finanzino gruppi del genere, non fanno altro che seminare odio.” ribadisce Adam, visibilmente impacciato, alla dipendente di Chick-Fil-A.
Adam è eterosessuale. È sposato e ha quattro figli. È la sua prima protesta e parla di getto. Suona ripetitivo, forse un po’ ingenuo. Tuttavia il messaggio che vuole lasciare ha un senso logico: perché sostenere chi calpesta le minoranze? Che male c'è se un ragazzo ama un altro ragazzo?
“Non so veramente come tu possa sentirti bene con te stessa a lavorare qui.” afferma Adam rivolgendosi alla stessa dipendente “penso che meriti di meglio, Rachel, ne sono certo.”
Con queste parole prende il suo bicchiere d’acqua, riaccende il motore e si allontana. Il video, di circa 2 minuti, verrà postato sui social diventando estremamente virale.
Verrà riproposto in seguito dai mass media.
Il breve dissenso diventerà “una provocazione”, le domande educate si tramuteranno in “violenza”, “prevaricazione” e “arroganza”.
Rachel Elizabeth, l’impiegata che non ne aveva voluto sapere di prendere parte alla conversazione, verrà rappresentata come una vittima.
Adam perderà il lavoro come direttore finanziario di una casa farmaceutica e, a causa di quell’unico video, non verrà mai più assunto da nessuna compagnia. In pochi anni lui e la sua famiglia si ridurranno in povertà, fino a dover chiedere buoni pasto allo Stato per tirare avanti e rimanere a galla.
A quel punto riprenderà in mano la sua vita trasformando le avversità in un dono, un’opportunità incredibile di rinascita.
Ma come è potuto succedere tutto questo?
Prima di tutto abbiamo una multinazionale che vede crescere le proteste e diminuire gli incassi a causa della poca tolleranza verso le minoranze. Per un’azienda così potente, Adam Smith è stato il capro espiatorio che ha permesso di capovolgere la situazione a proprio vantaggio.
Poi abbiamo una ghigliottina mediatica contro un personaggio tutt’altro che pubblico. Un uomo che era sempre rimasto nell’anonimato. Un uomo che aveva vissuto un’infanzia povera e di abusi, procacciandosi il cibo rovistando nei cassetti dell’immondizia. Un uomo che aveva saputo rialzarsi e che si era “fatto da sé”, inseguendo l’ideale del sogno americano.
Adam Smith è stato stato riconosciuto come autore del video attraverso un software di riconoscimento facciale applicato ad un frame nel quale appare il suo viso.
Ma le stranezze non finiscono qui.
Pochi giorni dopo sono cominciate le intimidazioni e lo stalking massivo, prima sul posto di lavoro (che ha perso in poche settimane) e poi a casa. Oltre che su internet, sia chiaro.
Quando sono arrivate le prime minacce rivolte a suoi quattro bambini, età dai 4 ai 10 anni, si è sentito talmente inutile e impotente da avere per un attimo pensato al suicidio. Forse la sua famiglia sarebbe stata meglio senza di lui, senza quel marchio d’infamia che lo circondava, nemmeno fosse stato Caino.
Come? Una piccola protesta che si trasforma in un marchio d'infamia? Non suona alquanto improbabile e distopico? Leggete Orwell e capirete.
Per un periodo si trasferisce in Costa Rica dove comincia a lavorare in un centro di cura immerso nella foresta.
Lontano dagli Stati Uniti, ritrova se stesso.
Ha già raggiunto la felicità e il distacco interiore quando uno dei suoi figli lo approccia timidamente e, come una liberazione, getta fuori la verità che si teneva dentro da anni: "Papà, sono gay."
Adam sorride. Tutto torna. Non c'è niente che non sia al proprio posto.
"Sei in una famiglia che non cercherà mai di cambiarti," risponde "in una famiglia che ti accetterà per quello che sei."
Ora Adam Smith è un altro uomo, con un'altra vita.
Adam Smith è l’uomo che a causa della ghigliottina mediatica ha perso il capitale della propria azienda e un salario annuo a sei zeri, per un ammontare di oltre un milione di dollari. Tutto per un bicchiere d'acqua.
Adam Smith è anche l’uomo che attraverso la pubblica umiliazione ha ritrovato se stesso e che sarebbe disposto a pagare un milione di dollari per quel bicchiere d’acqua ancora e ancora, all’infinito.
Sono riuscito a contattarlo attraverso il suo sito adammarksmith.com per fargli qualche breve domanda:
Per prima cosa, dove vivi e di cosa ti occupi al momento?
ADAM: Attualmente vivo in uno scuolabus che ho reso abitabile. Io e la mia famiglia stiamo percorrendo gli Stati Uniti raccontando la nostra storia e alla ricerca di un nuovo posto fisso dove stare. Come lavoro faccio il life-coach e mi rivolgo a persone che cerchino aiuto dal punto di vista spirituale e non solo.
Sei eterosessuale. Perché decidesti di protestare proprio per i diritti LGBT?
ADAM: Credo nell'uguaglianza di tutti gli esseri umani. L'idea dell'individualità, ossia che siamo separati dagli altri, è un'illusione. Le etichette permettono alle persone di creare disuguaglianze che non sono né importanti né tantomeno reali. Noi siamo Uno.
Ai tempi la tua protesta non fu utile alla comunità LGBT, poiché venne manipolata dai media. Una protesta pacifica e, ammettiamolo, un po' ingenua, si è trasformata in un caso di "molestie", anche se il video dimostra tutto il contrario. Cosa pensi, appunto, del potere di manipolazione del web e dei media?
ADAM: Internet può essere una fonte d'informazione piuttosto inaffidabile. Bisogna tenere in conto inoltre che spesso il pregiudizio può alterare la realtà.
Chick-fil-A è una potente multinazionale. Al giorno d'oggi sta ancora supportando i gruppi anti gay e le terapie riparative oppure qualcosa è cambiato?
ADAM: Ho letto di rencente che hanno finalmente smesso finanziare questi gruppi.
Hai mai ricevuto appoggio dalla comunità LGBT?
ADAM: Ho ricevuto mail di solidarietà da singoli individui, ma mai da organizzazioni. Senza dubbio il carattere ingenuo con cui ho condotto la protesta e l'attenzione morbosa dei media hanno frenato le reazioni in questo senso.
Come ha gestito tuo figlio il coming out?
ADAM: Era terrorizzato. Aveva visto quello che io avevo pagato per supportare i diritti LGBT. Sono certo stesse pensando che, in qualche modo, ci sarebbe stato un prezzo da scontare per la sua omosessualità.
Personalmente, sono fiero di avere un figlio che sia libero di essere ciò che vuole.
Adam Smith ha scritto anche un libro intitolato Million Dollar Cup of Water: Discovering the Wealth in Authenticity dove narra della sua esperienza di vita e dei suoi viaggi.
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