In Egitto non esistono leggi specifiche sulla sodomia benché vengano utilizzate altre norme e cavilli giudiziari per avviare procedimenti penali nei confronti di chi pratica attività omosessuale. Fra queste, la più importante era stata originariamente introdotta per combattere la prostituzione, ma è diventata potenzialmente in grado di criminalizzare qualsiasi rapporto occasionale o promiscuo a prescindere dal sesso delle persone coinvolte. Recentemente vi è stata un'ondata di arresti, con epicentro nella capitale, in seguito all'apparizione di bandiere arcobaleno durante il concerto del cantante Mashrou’ Leila, interprete indie rock libanese che si definisce fieramente musulmano, arabo e gay. Successivamente alla reazione furiosa dei media egiziani, per lo più conservatori e fortemente legati al governo, circa 70 individui appartenenti alla comunità Lgbt sono stati arrestati con l'accusa di "dissolutezza dei costumi" e "depravazione". Attualmente la libertà di espressione è seriamente in pericolo in Egitto, persino il famoso poeta Mohsen al-Balasy, dopo aver affermato in diretta su al-Mehwar TV che "la società non dovrebbe escludere chi è diverso" è stato fatto allontanare dagli studi della trasmissione. Dopodiché non sono tardate le telefonate (sempre in diretta e in questo caso senza censura) di spettatori inferociti. I gay dovrebbero essere condannati a morte, Balasy stesso dovrebbe essere "esaminato" dal ministro della sanità: questi i toni di un Egitto che si fa sempre più portavoce di discriminazione e omofobia. Secondo numerose fonti almeno cinque dei detenuti sarebbero stati sottoposti a un esame anale volto a verificare la presunta omosessualità.
Il termina arabo per “prostituzione” è infatti “di' ara”, ma la commissione parlamentare che si occupò di redigere la legge nel 1949 inserì anche la parola “fujur” (depravazione).
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Di questi, secondo gli ultimi aggiornamenti, almeno 16 sono stati condannati a tre anni di carcere ed altri tre anni di libertà condizionata.
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