La
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo è stata approvata
dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948 e specifica che
i diritti sono uguali ed inalienabili per tutti gli esseri umani,
sempre e ovunque.
L'Articolo
2 della dichiarazione stabilisce che:
“Ad
ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà della
presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di
razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione
politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di
ricchezza, di nascita o di altra condizione”
Seppure
non non vi sia un chiaro riferimento all'orientamento sessuale, le
parole “senza distinzione alcuna” sono inequivocabili.
Amnesty
International ribadisce che se tolleriamo che vengano schiacciati i
diritti anche di una sola minoranza si rinnega il principio di
uguaglianza per tutti gli esseri umani ed, in particolare, è
importante che siano difesi i diritti di gay e lesbiche da chi si
batte per i diritti umani in quanto l'orientamento sessuale (così
come la razza o il sesso) è parte integrante dell'identità
personale.
Nonostante
questo e nonostante i numerosi abusi in diverse parti del mondo, le
Nazione Unite hanno affrontato il problema solamente nel 2003, quando
il Brasile presentò una risoluzione esprimendo “grande
preoccupazione per gli abusi e le violazioni dei diritti umani nel
mondo legati all'orientamento sessuale”.
La proposta fu di fatto
bocciata da cinque paesi musulmani (Arabia Saudita, Egitto, Libia,
Malaysia e Pakistan) che fecero largo ricorso all'ostruzionismo e
costrinsero la Commissione a sospendere il dibattito.
L'episodio
portò comunque a galla un argomento ostico che non tutti i paesi
erano pronti o propensi ad affrontare e contribuì a mettere in luce
il profondo divario culturale tra:
-
Chi sosteneva che i governi dovessero vigilare sui principi morali dei propri cittadini
-
E chi affermava che ciò che adulti consenzienti fanno in privato non riguarda le autorità e che, utilizzando le parole del rappresentante canadese, “lo Stato non dovrebbe intromettersi nelle camere da letto del paese”
Perciò
mentre in alcuni paesi la legittimazione dell'attività omosessuale è
stata accompagnata da leggi che impediscano la discriminazione (es.
Sudafrica, Canada, Irlanda, Israele, Slovenia, Spagna), in gran parte
dei paesi musulmani vigono ancora pene di detenzione, corporali o
addirittura la pena di morte.
Secondo
il sito web sodomylaws.org la sodomia è punibile con la pena di
morte in almeno quattro paesi arabi: Arabia Saudita, Mauritania,
Sudan, Yemen.
Anche
in Iran, paese non arabo del Medio Oriente, esiste la pena di morte.
In altri stati la pena massima prevista è la reclusione (fino a
dieci anni in Berhein, sette anni in Kuwait, cinque anni in Libia e
Qatar, tre anni in Algeria, Oman, Marocco, Somalia e Tunisia, un anno
in Libano e Siria).
In
Iran per gli atti omosessuali con penetrazione è prevista appunto la
pena di morte; gli atti senza penetrazione sono puniti con la
fustigazione le prime tre volte e con l'esecuzione la quarta volta.
Gli atti sessuali fra donne sono definiti in modo diverso dal
diritto, ma le pene sono le stesse previste per gli atti senza
penetrazione tra uomini.
In
Egitto non esistono leggi specifiche sulla sodomia benché vengano
utilizzate altre norme e cavilli giudiziari per avviare procedimenti penali nei confronti
di chi pratica attività omosessuale. Fra queste, la più importante
era stata originariamente introdotta per combattere la prostituzione,
ma è diventata potenzialmente in grado di criminalizzare qualsiasi rapporto
occasionale o promiscuo a prescindere dal sesso delle persone
coinvolte.
Il
termina arabo per “prostituzione” è infatti “di' ara”, ma la
commissione parlamentare che si occupò di redigere la legge nel 1949
inserì anche la parola “fujur” (depravazione).
Inoltre
è prevista la reclusione fino a tre anni per chiunque pubblichi
inviti che incoraggino la prostituzione o la depravazione, diffonda
annunci che violino la morale pubblica o pratichi atti scandalosi in
pubblico. Infine:
“Chiunque,
su una strada pubblica o in un posto molto trafficato, istighi i
passanti con segnali o parole a commettere delle indecenze dovrà
essere punito con la reclusione per periodo non superiore ad un
mese.”
In
Libano i processi vengono intentati in base all'articolo 534 del
codice penale nel quale si afferma che tutti i rapporti “contro
natura” devono essere puniti con la reclusione fino ad un anno.
L'applicazione di questo articolo è stata estesa dai giudici anche
alla fellatio, la masturbazione ed il sesso fra lesbiche anche se la
legge viene applicata in particolari circostanze, più che altro
quando ci sono di mezzo altri crimini (furto, omicidio,
prostituzione).
L'unico
paese arabo dove sono state recentemente e provatamente eseguite
condanne a morte per atti omosessuali è l'Arabia Saudita che prevede
la pena capitale per una vasta gamma di reati oltre alla sodomia
(omicidio, adulterio, furto, spaccio di droga, sabotaggio,
stregoneria, apostasia (abbandono dell'Islam) e corruzione. Tuttavia
le pene più comuni rimangono la reclusione e la fustigazione.
Volendo credere alle voci ufficiali nessuna delle recenti esecuzioni
è legata esclusivamente all'omosessualità o alla sodomia: erano
coinvolti anche altri reati.
Nell'Africa
Subsahariana, teatro già di per sé di grandi conflitti etnico –
religiosi, l'omosessualità è illegale in numerosi paesi (solo in
Sudafrica è riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso
sesso): in alcuni di questi è prevista addirittura la pena di morte,
in particolare in quelli a predominanza islamica come la Somalia
(dove oltre il 95% della popolazione è musulmana) e la Nigeria.
Va
precisato che nemmeno il cristianesimo riesce spesso ad essere
conciliante nei confronti dell'omosessualità, ma appare lampante che
in questo particolare momento storico l'islam riesce a battere, in
quanto a odio ed intolleranza, persino i cristiani.
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