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lunedì 11 gennaio 2016

Muore David Bowie. Ci lascia con un presagio.

Il 10 gennaio a Manhattan, dopo 18 mesi di lotta contro il cancro, David Bowie se ne è andato serenamente, circondato dai familiari. Aveva da pochi giorni annunciato l'uscita del suo nuovo album "Blackstar". A noi lascia in eredità "Lazarus", brano con un testo oscuro, quasi arcano e lanciato da un video sconvolgente ed enigmatico.

" Guardami, Sono in paradiso 
Ho cicatrici che non possono essere viste 
Ho un dramma che non può essere rubato 
Tutti mi conoscono adesso " David Bowie, Lazarus







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mercoledì 6 gennaio 2016

Coming out dal Malawi: dateci i diritti che ci spettano o uccideteci tutti

Con queste parole taglienti il ventiseienne del Malawi Eric Sambisa ha dichiarato guerra al governo, pubblicamente ed in televisione, venendo arrestato poche ore dopo la dichiarazione per poi essere rilasciato.
Tuttora la sua vita risulta in pericolo ed è costretto a nascondersi.
Il codice penale in Malawi proibisce "gli atti carnali contronatura e/o indecenti"


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martedì 5 gennaio 2016

Mr Gay Italia 2016? Mr Italia? può sembrare un fotomodello, ma è un assassino



Ricorda Dorian Gray, bello fuori e marcio dentro. Solo con un po' meno poesia e un po' più di carneficina.
Si chiama Francesco Tedesco ed è uno dei carabinieri che hanno assassinato Stefano Cucchi, il ragazzo morto il 22 Ottobre 2009 durante una custodia cautelare.
Dopo aver pubblicato queste foto su Facebook, ha denunciata Ilaria Cucchi, sorella della vittima, per averle condivise sul social. “Il senso era mostrare che Stefano era la metà di questa persona” si difende Ilaria. E non ci vuole molta fantasia per considerare l’impatto dei colpi inferti dal corpo forte e palestrato di questo energumeno su un corpo molto più gracile, quello di Stefano.
Certo è strano a udirsi e pare un mondo alla rovescia, quello in cui gli assassini denunciano i parenti delle vittime

Ilaria Cucchi decide comunque di fare chiarezza con un post su Facebook:

Sto ricevendo numerose telefonate anche di giornalisti su questa fotografia. 
La prima domanda che mi pongo è: se fosse stato un comune mortale, cioè non una persona in divisa, non ci si sarebbe posto alcun problema. La cronaca nera e piena di ‘mostri’ rei o presunti tali di efferati ed orrendi delitti sbattuti nelle prime pagine.

Francesco Tedesco 
Sto passando le mie giornate ascoltando quelle intercettazioni. Leggo sul sito del Fatto Quotidiano le infamanti ricostruzioni del mar. Mandolini che si permette di offendere me e la mia famiglia raccontando le sue presunte verità dopo aver taciuto per sei anni e dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere di fronte ai pubblici ministeri. 
Non sono ipocrita. Questa foto non è uno scatto rubato in violazione della privacy del soggetto ritratto ma è stata addirittura postata dallo stesso sui social network. Questa foto io non l’avrei mai pubblicata ma l’ho fatto solo perché la ritengo e la vedo perfettamente coerente col contenuto dei dialoghi intercettati e con gli atteggiamenti tenuti fino ad oggi dai protagonisti. Per sei anni si è fatto il processo a Stefano e a noi membri della sua famiglia. 
Il mar. Mandolini incurante di quanto riferito sotto giuramento ai giudici sei anni fa e non curandosi nemmeno della incoerente scelta di non rispondere ai magistrati ha avviato un nuovo processo a Stefano e a noi, che abilmente sarà di una violenza direttamente proporzionale alla quantità di prove raccolte contro di loro dai magistrati. E quindi io credo che non mi debba sentire in imbarazzo se diventeranno pubblici anche i volti e le personalità di coloro che non solo hanno pestato Stefano ma pare se ne siamo addirittura vantati ed abbiamo addirittura detto di essersi divertiti. Di fronte al possibile imbarazzo che qualcuno possa provare pensando che persone come queste possano ancora indossare la prestigiosa divisa dell’arma dei carabinieri io rispondo che sono assolutamente d’accordo e condivido assolutamente questo imbarazzo. Ma non è un problema o una responsabilità di Stefano Cucchi o della sua famiglia. Non è stata una scelta di Stefano Cucchi quella di subire un ‘violentissimo pestaggio’, come lo hanno definito i magistrati, per poi morirne. Non è stata una scelta della famiglia Cucchi quella di essere processata insieme al loro caro per sei anni.
Quella di avere invece pestato Stefano è stata una scelta degli autori del pestaggio.
Quella di nascondere questo pestaggio e di lasciare che venissero processato altri al loro posto è stata una scelta di altri. Così come quella di farsi fotografare in quelle condizioni e di pubblicarla sulla propria pagina Facebook è stata una scelta del soggetto ritratto. 
Io credo che sia ora che ciascuno sia chiamato ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Accollandosene anche le conseguenze. E il fatto che questo qualcuno indossi una divisa lo considero un aggravante non certo un attenuante o tantomeno una giustificazione.

Di seguito l'audio di una delle intercettazioni che incastrano i 4 carabinieri indagati: Francesco Tedesco, Raffaele d'Alessandro, Vincenzo Nicolardi, Alessio di Bernardo



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Gayburg oscurato da Google

Gayburg è uno dei siti più attivi nella difesa dei diritti civili delle persone omosessuali. Per questo motivo qualche tempo fa si era guadagnato una denuncia da parte di Antonio Brandi e Francesca Romana Poleggi rispettivamente Presidente e legale rappresentante dell’Associazione Pro Vita che sono soliti definire Gayburg un “sito omosessualista“. Sì, quelli che si schierano a difesa della famiglia “naturale” contro la famigerata ideologia gender e che per farlo diffondono bufale sulla legge Cirinnà. Googla ha deciso di “oscurare” parzialmente il sito in seguito ad alcune segnalazioni ricevute da Google da parte degli utenti.

Content warning
gayburg.blogspot.com/
Content Warning. Some readers of this blog have contacted Google because they believe this blog's content is objectionable. In general, Google does not ..
gayburg google oscuramento - 1


Gayburg infatti è ospite della piattaforma di blogging Blogspot (ora Blogger) che è di proprietà della società di Menlo Park. Pertanto Gayburg, come tutti i siti ospitati dal Blogger è tenuto a rispettare le regole stabilite da Google che in seguito alle segnalazioni ha deciso di limitare la visibilità del sito. Non apparirà quindi su Google News, ai visitatori verrà mostrato un disclaimer nel quale li si avvisa che i contenuti del sito “sono discutibili” ed infine non sarà più possibile condividere gli articoli di Gayburg su Facebook. Un duro colpo alla visibilità del sito che quindi potrà essere letto con più difficoltà. Di fatto si tratta di una forma di censura. Il blog continua ad esistere e a essere leggibile, ma viene trattato alla stregua dei siti che contengono materiale pornografico. Nelle comunicazioni avvenute tra il gestore del sito e Google si apprende che per poter eliminare il blocco Gayburg dovrebbe cambiare la sua linea editoriale evitando di farne pubblicità a persone non omosessuali che non gradiscono la pornografia omosessuale. A parte il fatto che il sito non ha contenuti per adulti (al massimo qualche contenuto “frivolo” come ce ne sono ovunque anche sulle più prestigiose testate giornalistiche), non si capisce in che modo parlare unicamente agli omosessuali (consentendo loro di fare ooh e ahh come dice Google) possa aiutare la causa della difesa dei diritti civili. Né si capisce come mai e con che diritto Google possa sindacare sulle scelte editoriali imponendo una sua linea per un sito sui diritti dei gay e decidendo che questa linea deve essere quella di aiutare gli eterosessuali a capire le discriminazioni patite dai gay.
gayburg google oscuramento - 2
In particolare lo staff punta il dito contro tre post recenti:
gayburg google oscuramento - 4
Poche le alternative offerte da Google, e anche quelle al di fuori del sistema della piattaforma Blogger sono difficilmente percorribili nel breve periodo. Gayburg potrebbe acquistare un dominio e diventare un sito a sé stante, ma il rischio è quello di perdere l’indicizzazione dei post (quella che rimane dopo il blocco) faticosamente costruita articolo dopo articolo in dieci anni di lavoro. Per tentare di far cambiare idea a Google, che ricordiamo è un’azienda che ha sempre sostenuto i diritti degli omosessuali e che si proclama gay-friendly, è stato lanciato l’hashtag #FreeGayburg, ma sappiamo che queste cose servono a poco in queste situazioni. La cosa davvero divertente è che per accedere ad un altro sito ospitato da Blogger, omosessualitaeidentita, affiliato ad associazioni come il Narth che tratta l’omosessualità come una malattia non è necessario superare nessun tipo di avviso riguardo i contenuti.
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